by Maria Marrella

La scoperta della camera oscura e il suo utilizzo non significò aver scoperto la fotografia, il cui significato è dal greco foto ( luce), grafia ( disegno), ovvero disegno di luce. Come abbiamo visto finora si era riuscito a proiettare l’immagine però non ancora a trasferirla definitivamente su un supporto, ed è quello che si cercò di fare attraverso vari esperimenti e mediante l’uso di diverse sostanze chimiche. Furono tanti gli studi e furono tante le occasioni indagate, quindi un percorso lungo e ricco di interessanti tentativi ed osservazioni, come ad esempio nel Medioevo, dove alcuni alchimisti si erano accorti che facendo riscaldare il cloruro di sodio, ovvero il sale da cucina, con l’argento si creava un composto di colore bianco che al buio rimaneva bianco ma che diventava nero appena veniva esposto alla luce solare. Nel 600 si pensava che a creare questo effetto fosse l’aria e non la luce, si dovrà arrivare all’italiano Angelo Sala per capire che a dare questo risultato fosse proprio il sole. La stessa cosa avvenne anche con altre sostanze come lo ioduro d’argento, l’asfalto ecc… Quindi si iniziò a capire che attraverso la luce si potevano impressionare le immagini ma non fissarle. Era quello che adesso cercavano di fare i chimici del 700 e tra le varie sperimentazioni importanti vi è quella del tedesco Schulze, il quale creò un composto che era fondamentalmente nitrato d’argento che reagiva alla luce del sole diventando nero.

Nell’ 800 l’inglese Thomas Wedgwood, si mise a sperimentare il nitrato d’argento e iniziò ad immergerci dei fogli di carta e dei fogli di cuoio. La cosa che notò fu che una volta posizionati gli oggetti sopra questi fogli alla luce del sole si annerivano, mentre dove vi erano posizionati gli oggetti rimanevano bianchi. Questo effetto si manteneva solo se ben custoditi al buio, visibili solo per pochi attimi con una luce labile, perche’ appena a contatto con un chiarore più forte tendevano ad annerirsi completamente.

Siamo in piena rivoluzione industriale e l’invenzione della fotografia è stata uno dei trionfi della rivoluzione industriale. Non fù un caso che le tre scoperte fondamentali avvennero proprio tra la Francia e la Gran Bretagna, dove si cercò di sostituire le abilità manuali con la tecnologia. Si voleva arrivare ad impressionare l’immagine, questo significava una fusione tra fisica, chimica e arte. Questa avvenne anche grazie a tre scoperte importanti avvenute nel giro di pochi anni.
- la gelatina sensibile
- il dagherrotipo
- il metodo negativo positivo

https://photo-museum.org/life-nicephore-niepce/
La gelatina sensibile fù opera di Niépce che si interessò a trovare una sostanza che si potesse impressionare in maniera perfetta e che durasse nel tempo. Niépce scrisse al fratello di un nuovo esperimento che aveva realizzato, egli definì questa nuova tecnica eliografia. L’esperimento consisteva nel cospargere una lastra di peltro con il bitume di giudea, poi lo coprì con l’incisione del cardinale. Il risultato fù che dove la luce riuscì a raggiungere la lastra di peltro attraverso le zone chiare del disegno fecerò reagire il bitume, che indurendosi non poté essere eliminato dal successivo lavaggio con olio di lavanda. La parte rimasta scoperta venne scavata con dell’acquaforte e il prodotto finale poté essere utilizzato per la stampa. I suoi esperimenti continuarono per anni e arrivò ad utilizzare la camera oscura per catturare paesaggi, come quello che era riuscito ad impressionare dalla finestra, la più antica fotografia esistente. Era il 1826 quando Nièpce la realizzò, l’esposizione alla luce fu molto lunga circa 8 ore. Il risultato non fu molto preciso anche a causa della luce solare che ruotando nella lunga esposizione, produsse delle ombre irreali.

Immagini migliori si ottennero su supporto in vetro, che permise di realizzare eliografie più definite. Dopo tanti anni di esperimenti con varie sostanze era riuscito a realizzare la prima fotografia. Quindi da una lastra di peltro spalmata di bitume di giudea e dopo 8 ore di esposizione era venuta fuori la prima immagine. Era un’immagine positiva, ma era la prima fotografia al mondo ad essere realizzata.

Nel 1827 Niépce si incontrò con Daguerre, un pittore francese di scarsa fama, con il quale decise di iniziare una collaborazione. Dopo un periodo di collaborazione a Daguerre capita un giorno di lasciare un cucchiaio di legno su un foglio di carta imbevuto di ioduro di sodio, quando andò a riprenderlo notò immediatamente la precisione dell’immagine che aveva lasciato quel cucchiaino appoggiato su quel foglio impregnato di ioduro di sodio, in questo caso capì che lo ioduro di sodio reagiva alla luce. A questa si aggiunse un’altra scoperta sempre avvenuta per pura casualità. Durante una giornata piovosa e nuvolosa, Daguerre prese le sue lastre esposte sul davanzale della finestra per riporle nell’armadio, dopo qualche giorno riaprì l’armadio e vide con suo stupore che quelle lastre immerse nello ioduro di sodio erano rimaste intatte al buio, questo risultato l’aveva ottenuto lasciando le due lastre esposte per 15 minuti. Nel giro di poco tempo capì che ciò che aveva fissato definitivamente l’immagine si trovava all’interno dell’armadio, ovvero dei vapori di un recipiente di mercurio. Quindi Daguerre era riuscito a comprendere come fissare le immagini in modo permanente. Per quanto riguarda la fotografia egli arrivò a ridurre il tempo di esposizione da 8 ore a 20 minuti, un grande passo in avanti.

Daguerre inventò non solo la fotografia ma anche la prima fotocamera ovvero il Dagherrotipo. Lo realizzò con l’aiuto del fratello, che lo creò materialmente. La fotocamera era composta da due casette, una grande anteriore e una posteriore piccola che scorreva avanti e indietro per mettere a fuoco l’immagine. L’interno era rivestito di velluto nero per evitare infiltrazioni dall’esterno. La fotocamera pesava ben 50kg compresa di accessori come l’obiettivo fisso in vetro ed ottone da 38 mm. Il disco a vite era usato come diaframma con un’apertura tra f/11 ed f/15, quindi non molto luminoso.
Il Dagherrotipo venne diffuso in tutta Europa, il marchio ne garantiva la qualità. La prima foto scattata con dagherrotipo è una immagine di grande bellezza, dove per la prima volta apparivano raffigurate delle persone e la stessa immagine si presentava sia in positivo che in negativo. Essendo un’esposizione lunga si puntava a fotografare più soggetti immobili, come paesaggi sia artistici che naturali.

Il dagherrotipo si espanse in lungo e in largo, da pittori che erano passati alla più semplice dagherrotopia e da dagherrotopisti che lo portovano in giro per le feste, facendo conoscere questa grande invenzione, Riuscirono a vendere più di 2000 macchine, quindi una vera e propria attrazione per tutti quelli che potevano permetterselo.

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Tra i padri della fotografia spicca un altro nome, quella dell’ inglese Talbot, il cui intento era quella di trasportare il mondo materiale sulla carta attraverso la luce. Nel giro di due anni riuscì nel suo intento e fissò un’immagine sulla carta. Riuscì’ a ridurre il tempo di esposizione a circa 8 secondi. Chiamò questa tecnica «calotipia»,, processo dal quale si poteva ottenere un’immagine positiva da una negativa, quindi si potevano ottenere molte copie positive da un negativo, con la carta e i sali d’argento di Talbot si otteneva un negativo bastava poi rifotografare il negativo ed ottenere un positivo.

Quindi si deduce che la fotografia non ha un unico inventore ma sono tante le esperienze ed esperimenti che ci hanno portato alla fotografia analogica di oggi . Di conseguenza la fotografia non è legata ad un’ unica invenzione ma furono proprio l’insieme delle varie scoperte a farci ottenere la fotografia analogica come la intendiamo noi oggi.
FONTI
- Tom Ang – Photography. Il libro completo sulla storia della fotografia
- Wikipedia – Storia della fotografia
- Nikonschool.it-Viaggio nella storia della fotografia
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